giovedì 28 aprile 2011

Tat Tvam Asi

Il percorso tracciato dall'imposizione della mente e corpo a seguire.
Sopito nell'apparenza e pronto ad esplodere.
Tat Tvam Asi.
Il momento è poco felice.
Risulta paradossale quanto uno stesso evento possa rappresentare gioia e dolore contemporaneamente.

Ho imparato a chiudere i giorni con il buio.
Ho imparato a dare loro scadenza oltre 24.
Ho imparato a tenere dentro solo il bello di un momento, breve o lungo che sia.

Ho tenuto in equilibrio un peso immenso su di una base minuscola.
Ma quello che più mi ha riempito, è stato tirarti fuori da quel maledetto riquadro.
Tu che guardavi dall'interno della tua teca, non partecipe e solo spettatore,
tu che picchiavi la fronte contro il vetro per guardare più da vicino.
Pian piano quella cristalliera si è incrinata, fino a rompersi. Hai sostato al suo interno, non hai messo i piedini fuori, e sei rimasto a disposizione dell'aria che, grazie all'apertura ti girava intorno.
Le farfalle hanno danzato sulle tue spalle.
Poi il Vento si è scontrato con la terra ferma, e tu, come un bambino colpevole del godimento provato, piegato sulle ginocchia hai raccolto ogni frammento di quel vetro rotto, ricomposto e ripristinato.
Hai invocato le tue forze per rimetterlo a misura, fermo un passo alle sue spalle, richiuso dietro lui, rendendo sufficiente la sola aria rimasta intrappolata nella teca.
Frullare gli scenari, mischiare i sentimenti, amalgamare, combinare, emulsionare, fondere.
Con Matrici e determinanti, la soluzione deve venire fuori obbligatoriamente.
Tu fai conti, ed io studio le pozioni.
Calderone su fiamma violenta e miscuglio di ingredienti per dare vita al tempo.
Avvertire e voler vedere. Difficoltà nel percepire cosa ribolle . Volontà di sollervasi la pelle per sbiarciare sotto e denudarne la trama.
La ricerca del mio interno per scoprire se tu batti ancora, se ci sei, se esisti, e se quell'acronimo detiene ancora i due puntini a separare le lettere.
Navigare su carne tremula.
Archeologa senza cassetta degli attrezzi, ossa a sorreggere un tempio senza pilastri, e battiti fermi come il grande vecchio che dentro sè nascondeva un tesoro sommerso dall'acqua.




mercoledì 27 aprile 2011

Controsenso

Credi davvero che i pensieri riempiono lo stomaco?

No. Lo stomaco è vuoto ed emette strani versi. E se lo stomaco è vuoto, il cuore.......bè, il cuore è stato saccheggiato.

Ho la capacità di procurarmi ferite e di sanarle. Faccio tutto da me.

Delusione per quello che non ricevo e spiegazione immediata.

Dal nero al trasparente.

Mi assumo la responsabilità delle richieste e dei rifiuti, delle vittorie e delle sconfitte.

Se lo scambio di emozioni si interrompe, se il flusso si arresta a metà del suo andare, qualcuno rimarrà svuotato due volte. Una prima volta per aver spinto le proprie emozioni verso il corridoio, ed una seconda, per non aver ricevuto la contropartita a quell'avvio.

E' normale, è anche comprensibile. Parli dei tuoi progetti, della tua costruzione faticosa di famiglia. Racconti di cantieri e di lavori in corso, di smarrimento e difficoltà, di tranelli.

Ma la vita non tende tranelli, la vita concede possibilità.

Tutto sta a come la si interpreta questa vita. Il senso del dovere, quell'obbligo che strozza i polsi e ne blocca il sangue, il vago sospetto che forse qualcosa sia cambiato.

Ti ho lasciato le chiavi a ridosso dei tuoi piedi. Le hai afferrate non appena mi sono allontanata ed aperto per far uscire quel te rannicchiato.

Alto, dall'aspetto fiero, forte e con lo sguardo pronto ad afferrare i più piccoli particolari.

Coperchio spostato ed aria a profusione.

La pressione sale e scende e si alterna come il nostro esserci.

Nel tragitto fra l'esserci ed il perdersi, il vissuto prepotente.

Rotoliamo in senso contrario, l'uno in senso opposto all'altro, fino a quando il tragitto non si incrocia e gli sguardi si ritrovano.
Da tempo non ci si incrocia, da tanto non si trasmette e da troppo le anime non comunicano.



















































lunedì 18 aprile 2011

Abituarsi all'idea che il vento non tira ma fischia soltanto. Accettare un viso di pietra e neanche una smorfia di dolore. Riconoscere di non appartenere a nessuno se non a sè stessi. Comprendere quanto questo sia infausto, amaro. Avvertire il senso di abbandono e il suo puzzo. Sono sola contro tutti. Forse anche contro me.

lunedì 11 aprile 2011

Annodo fiocchi

Uno stato di attesa misto ad illusione. Conteggio al futuro, impossibile pensare a ritroso. Annego la durezza nell'etilico brillante, ogni sorso un abbandono. Lo utilizzo per smarrire la fermezza, per dissolvere la copertura naturale di ghiaccio. Mi rendo conto che il ghiaccio si è sciolto quanto il singulto raggiunge la superficie. Piango senza tregua, senza un motivo apparente. Il corpo si ribella al rivestimento. Vibrazioni prima sopite e spirito ad assaporare. Il colloquio diviene artificio, e gli impulsi si inseguono lungo i corridoi del mio interno, un tempo abitati ed ora deserti. Difficoltà nel ricordare, nel trattenere scene e sensazioni. Facilità nell'abbandonarsi e nell'accettare la fine di tutto. Le case coi mulini,le mani a cingere, ed i sorrisi complici. I miei occhi hanno visto. Il mio cuore sentito. Riesco ad immaginare le promesse che hai avanzato a te stesso. Riesco ad avvertirne il freddo elastico che le lega. Nel silenzio della tua attesa, la morte di ogni cosa. Vorrei togliere il sigillo e scoprire cosa vive sotto. Vorrei sapere se qualcosa batte o se è sabbia ad appesantire. Vorrei ma non posso, perchè nessuno concederà una possibilità a questo inutile corpo, a questa inservibile anima. Le vie, le scelte, i percorsi tracciati e le grandi manovre. Tu sei deviazione, loro vita. Come Adze, bevi sangue che non ti appartiene. Ormai il sangue è depurato ed ogni tua traccia lavata via. Annodo fiocchi che ammiro in solitudine, Abbraccio senza consistenza e conto lune dal colore sbiadito.

domenica 3 aprile 2011

Sapere senza sentire

Il mio battito è regolare. La temperatura nella norma. Credo il problema siano gli occhi. Ho l'impressione che, un processo a me ancora non del tutto chiaro, li abbia nascosti dall'esposizione sfacciata di prima. Sento come se tutto al mio interno fosse rallentato. Avverto distacco e poca appartenenza. Non è una finzione, non è una strategia. Non è un mero tentativo di raggiro. Nella mia vita è normalità, tutto muta come con uno schiocco di dita. La differenza sta nel fatto che questa volta ne ho avvertito il passaggio. Ho rincorso i giorni e le attenzioni. Ho atteso venti favorevoli . Ho duellato con il tempo,con me, e con tutti quanti i tuoi Te. Ti ho dato modo di pensare il peggio di me. Come senza scrupoli, sono passata sopra, al pari di un carrarmato. Perseverato fino agli sgoccioli . Vissuto in alta definizione e attenzionando ogni più piccola sfumatura di colore. Le tenebre abitate da sogni di intrecci di mani e Poi, di colpo, il rallenty. Mi sono sentita improvvisamente come anestetizzata. Guardavo ai pensieri fino a prima sofferti, senza reagire. Non chiudevo gli occhi per non guardare, ma spalancavo e miravo fisso,senza battere ciglio. Ho vissuto le tue diapositive, quasi appurando coi tuoi occhi, insinuandomi fra le pieghe. Poi qualcosa si riaccendeva, ed una parte ricominciava a scaldarsi, a bruciare. Qualche ondata di calore, e di nuovo anestesia. Nulla di inscenato o programmato. Niente all'ordine del giorno. Ho atteso il rientro e la reazione dei miei istinti. Sarò un pensiero in meno, mi sono detta, e soluzioni alternative. L'incontro temuto, ma nessuna scossa di assestamento. Blocco totale. Riesco a parlarti senza difficoltà. Sembro sotto effetto di farmaci, consapevole tranquillità su filo spinato. Il pomeriggio prosegue a soggetto. Io sto bene, perchè non sento nulla. E si ride, si scherza con la leggerezza senza appesantire gli animi. Piccone alla mano, e il Signorino comincia i lavori. Ti lascio fare perchè non sentendo dolore, non temo. Tu che non sei un principiante scavi a denti stretti e trovi dove aprire. Mi sveglio per un attimo. Due lacrime senza sapore perchè la pelle è intorpidita e lasciapassare. La tua ricerca di conferme si incrocia con la mia. Si incrociano i corpi per provare a tasferire calore ed annientare l'effetto cloroformio. Resistenze in lotta con paure e voglie. Non si simula, si rincorre. Ma la paura di aver perduto, si arresta quando il grande manto nero appare con tutte le sue immagini, e gli scavi si arrestano, le ricerche si bloccano. Una fuga obbligata ed un viso scuro contro un corpo bianco con un sorriso in bocca. Leggo parole pesanti come macigni. Anatema. Disprezzo per sè e senso di nausea. Perdita di valori e maglia da giocatore. Ma di cosa stiamo parlando. La paura, dettata dal sentimento o da altro, è pur sempre paura. Tu non sei un giocatore, non passi vite al setaccio. Non succhi per lasciare a secco. Non sei errore, non sei sbagliato. Ci si può imporre comportamenti ma dinanzi alla paura non si può fingere. E quello che tu tanto disprezzi oggi, è l'atteggiamento che ho più apprezzato in questi ultimi tempi. Io non conosco i prossimi cambiamenti, non avverto l'odore di nuove mosse, e soprattutto non prevedo le mie reazioni. Non ho sofferto perchè sola su un divano. Non ho sofferto quel pomeriggio. Non soffro neanche in questo momento. Ma non so dire se ne soffrirò domani, e se tutto quello che ora non provo, chiederà il conto dopo. Se lo sguardo si smarrisce è solo perchè so di averti perso, senza avvertirlo. Non consco la reazione successiva e se questo corpo si riaccenderà nei sensi e nelle intenzioni. Lo scoprirò domani, il giorno dopo e l'altro ancora. Senza aspettarmi una protesta o una contromossa, ma attendendo il mio naturale agire. Per una volta saremo alla pari : pazienteremo senza conoscere cosa accadrà. Ti chiedo solo un piacere, smettila di inveire contro te. In questo momento, ho la certezza di averti perduto, ma il ricordo di quello che sei, e che abbiamo vissuto. Vorrei non dovere solo ricordarlo, ma su questo, non posso garantire, e allora attendo come te, di conoscere se un risveglio vi sarà e se il rosso tornerà a bruciare.